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Corte d'Appello di Bologna > Sospensione dell'esecuzione
Data: 11/06/2001
Giudice: Di Stefano
Tipo Provvedimento: Ordinanza
Numero Provvedimento: -
Parti: Angela R. / Gianluca V. / Matteo M. / TIM SpA
SOSPENSIONE DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO - PRESUPPOSTI: INIZIO DELL'ESECUZIONE - REGOLAMENTAZIONE DIFFERENZIATA E PECULIARE DELL'INIBITORIA NEL RITO DEL LAVORO


Con ricorso al giudice dell'appello un datore di lavoro, condannato dal Tribunale di Parma alla reintegrazione di un suo dipendente illegittimamente licenziato e al risarcimento dei danni pari a tutte le retribuzioni arretrate, proponeva appello nei confronti della sentenza di primo grado, chiedendo la sospensione dell'esecuzione della stessa stante il lamentato pericolo di un gravissimo danno per essere la pretesa del lavoratore «pari a circa 400 milioni». Va premesso che secondo la Corte d'Appello di Bologna i tre presupposti indispensabili per l'adozione del provvedimento inibitorio sono costituiti: a) dall'inizio dell'esecuzione da parte del soggetto a favore del quale sia stata pronunciata la sentenza di condanna nel giudizio di primo grado; b) dalla presentazione - da parte del soccombente - dell'appello (principale o incidentale o con riserva dei motivi); c) dall'allegazione e dimostrazione della ricorrenza della situazione ipotizzata dall'art. 431 cod. proc. civ. (pericolo di «gravissimo danno»), quanto agli effetti prodotti dall'esecuzione. I giudici bolognesi hanno poi evidenziato come debba considerarsi la coesistenza del regime generale (regolamentato dall'art. 283 cod. proc. civ., che attribuisce al giudice il potere di sospendere, in alternativa all'esecuzione, l'efficacia esecutiva della sentenza, nella ricorrenza di «gravi motivi») con «il regime speciale preesistente (art. 431 cod. proc. civ), che non ha mai contemplato la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza in mancanza dell'esecuzione, regime che prevale su quello generale». Quindi il potere del giudice di sospendere - in alternativa all'esecuzione - l'efficacia esecutiva della sentenza, vale per l'ordinario giudizio di cognizione (e per le controversie in materia di locazione, affitto e comodato: v. art. 447 bis cod. proc. civ.), ma non per il rito del lavoro, che conserva una regolamentazione differenziata e peculiare, che presuppone l'inizio dell'esecuzione. A tale proposito la Corte, richiamando sue precedenti ordinanze e la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3276/1979; n. 6169/1984; n. 3269/1988; n. 7369/1983) ha sottolineato che l'esecuzione inizia con il pignoramento, e quindi non può considerarsi iniziata in senso tecnico quando «sia semplicemente annunciata con la notifica del titolo esecutivo o minacciata con il precetto, trattandosi di atti anteriori all'esecuzione, che palesano il mero proposito di procedere esecutivamente». Nel caso in esame la Corte, accertato che il lavoratore aveva provveduto alla semplice notifica della sentenza, ha dichiarato inammissibile l'istanza di sospensione per non essere stata iniziata l'esecuzione. Per completezza di argomentazione va segnalata l'opinione dei giudici bolognesi che riconosce l'applicazione del regime generale - vale a dire la possibilità della sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza, in alternativa all'esecuzione - alle sole sentenze del Giudice del Lavoro che pronunciano condanna contro il lavoratore, stante il rinvio esplicito, contenuto nel quinto comma dell'art. 431 cod. proc. civ., alle regole contenute negli artt. 282 e 283 cod. proc. civ.